Nel 2021 in Italia sono nati 400.000 bambini, mai così pochi.
Nel 2021 in Italia sono morte 709.000 persone, meno del 2020, ma comunque molte di più dei bambini nati.
Nel 1966, mio anno di nascita, i nati sono stati 979.000, i morti 496.000.
Come ha detto la Littizzetto nella sua letterina a Elisabetta Franchi “Siamo in un Paese che non fa più figli perché non ci sono le strutture sociali adeguate … e non è un problema (solo) degli imprenditori è un problema di Stato: a parole siamo tutti per la famiglia in concreto tutti per il fatturato.”
Con questo andamento demografico saremo sempre più vecchi e sempre meno persone lavoreranno per pagare le pensioni.
Il sistema pensionistico italiano prevede che le pensioni siano pagare con i contributi di chi lavora: ogni mese l’INPS incassa i contributi e li utilizza per pagare le pensioni. Quanto versiamo all’INPS (io molto per la verità) non viene accantonato per quando noi andremo in pensione, serve a pagare le pensioni di oggi.
Se meno persone lavorano l’INPS incassa meno contributi e come farà a pagare le pensioni?
Si tratta di un problema importante che andrebbe discusso e soluzioni andrebbero trovate a livello politico.
Tuttavia personalmente dovremo essere pronti a brutte sorprese dal lato pensione pubblica, ecco perché è sempre più indispensabile creare una pensione integrativa che si andrà a sommare a quella pubblica.
Chiamami per una consulenza, troveremo la soluzione più adatta a te.
Il fondo pensione è un sistema che ti permette di integrare la pensione pubblica: risparmi oggi perchè un domani tu possa avere una somma su cui poter contare nel momento in cui andrai in pensione. La struttura previdenziale in Italia è basata su un principio mutualistico: le persone che oggi lavorano versano dei contributi che l’Inps utilizza per pagare le pensioni a chi ha terminato la sua attività lavorativa.
Si è passati dal sistema retributivo (la tua pensione è una percentuale del tuo ultimo stipendio) al sistema contributivo (la tua pensione è calcolata in base ai contributi che hai versato mentre lavoravi) e si è allungata l’età in cui si va in pensione. Quindi pensioni più basse in età più avanzata! Il fondo pensione serve per mantenere un tenore di vita adeguato.
Come si fa materialmente?
Ecco i cinque elementi da valutare prima della scelta: 1/ verifica della tua posizione pensionistica, sul sito dell’Inps o della cassa previdenziale di appartenenza (Cassa avvocati, Enpam, Enpaia, ecc…) 2/ analisi della tua situazione fiscale, in collaborazione con il tuo commercialista, per valutare il risparmio fiscale che avrai grazie al fondo pensione 3/ analisi di eventuali esigenze familiari, successorie o di tutela del patrimonio 4/ analisi della tua situazione patrimoniale, in particolare quanto destinare alla previdenza ogni mese o ogni anno? 5/ scelta del fondo pensione in base al tempo che manca alla pensione
Una volta fatte queste valutazioni si tratta di sottoscrivere un contratto e di far arrivare la somma che si è deciso sul fondo direttamente dal tuo conto corrente, con un Rid, val a dire un addebito automatico che dal tuo conto va al fondo di solito una volta al mese. Se sei un professionista o imprenditore, può essere conveniente fare i versamenti una volta l’anno, entro fine novembre, una volta che il commercialista ti avrà chiarito la posizione fiscale dell’anno.
Come si ottiene il fondo pensione?
Raggiunti gli anni della pensione pubblica che cosa potrei fare del tuo fondo pensione?
Ottenere una rendita
Riscattarlo come capitale in tutto o in parte in base a quanto hai accumulato
Lasciarlo investito nel fondo pensione
Queste opzioni, ognuna ha i suoi vantaggi, le avrai tutte a disposizione, deciderai solo in quel momento quale preferisci, quando avrai tutte le informazioni per farlo.
Quali sono i vantaggi fiscali del fondo pensione?
1/ deducibilità dei versamenti: quanto versato al FP è deducibile nel limite di 5.164 euro annui.
Vale a dire che la somma versata viene dedotta dal reddito imponibile e quindi non tassata nell’anno del versamento. Il risparmio che ne deriva sarà in base all’aliquota marginale pagata dal cliente.
2/ capital gain. Sul guadagno che realizza il fondo pensione si paga il 20% di aliquota invece del 26% come avviene per gli altri investimenti
3/ assenza dell’imposta di bollo: sugli investimenti si paga ogni anno una imposta di bollo nella misura dello 0,20%. Questa imposta non si applica ai fondi pensione.
4/ tassazione agevolata nel momento del riscatto. Abbiamo visto che versando a fondo pensione non si pagano tasse fino a 5164 euro. Ma queste somme non saranno esenti per sempre. Nel momento del riscatto si pagherà una aliquota massima del 15% e minima del 9, in base a quanti anni si è mantenuto il fondo. Si applica un’aliquota massima del 15% che può scendere dello 0,30% all’anno dopo il quindicesimo anno di partecipazione al fondo fino a un minimo del 9%.
Posso avere delle anticipazioni?
Si, sono previsti 3 motivi per avere le anticipazioni:
Spese sanitarie a seguito di gravissime situazioni per sé stessi, coniuge e figli per fare fronte a terapie e interventi straordinari. La ritenuta a titolo d’imposta prevede un’aliquota massima del 15% che scende dello 0,30% per ogni anno dopo il quindicesimo anno di partecipazione al fondo e fino a limite massimo del 9%.
Acquisto e ristrutturazione prima casa massimo 75% per sé e per i propri figli. Può essere chiesto dopo otto anni dall’iscrizione al fondo e alla somma si applica una ritenuta a titolo di imposta del 23%.
Liquidità massimo 30% senza particolari motivi, dopo otto anni di iscrizione. In questo caso si può chiedere un importo non superiore al 30% del patrimonio versato nel fondo e si applica una ritenuta a titolo di imposta del 23%.
La pensione anticipata OVVERO, SE volessi andare in pensione prima? .
Uno dei desideri più grandi delle persone che sono vicine all’obiettivo, ma a cui mancano ancora un po’ di anni, sarebbe quello di andare in pensione un po’ prima. E’ possibile farlo anticipando per un massimo di 5 anni se si ha a disposizione un fondo pensione.
In pratica si anticipano i soldi del fondo pensione e si smetterà di lavorare prima.
La RITA consiste nella possibilità di ricevere in modo frazionato tutto o parte (a seconda delle proprie esigenze) della posizione individuale fino al conseguimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia nel sistema pensionistico obbligatorio.
La RITA ha carattere generale e si applica a tutti i lavoratori (inclusi i dipendenti pubblici) che abbiano aderito a una forma di previdenza complementare a contribuzione definita.
E se volessi andare in pensione prima? Sappiamo che l’età della pensione si sta allungando sempre di più, siamo a 67 anni, ma in base alle aspettative di vita questo numero crescerà. Uno dei desideri più grandi delle persone che sono vicine all’obiettivo, ma a cui mancano ancora un po’ di anni, sarebbe quello di andare in pensione un po’ prima. E’ possibile farlo anticipando per un massimo di 5 anni l’eta, se si ha a disposizione un fondo pensione, in pratica si anticipano i soldi del fondo pensione, con RITA!In pratica si anticipano i soldi del fondo pensione e si smetterà di lavorare prima. Per avere questa opportunità dobbiamo aver pensato per tempo a creare un fondo abbastanza capiente. Non sono investimenti da intraprendere a 55 anni, per questo ripeto sempre che prima si inizia ad accantonare per la pensione e meglio è. L’età giusta dovrebbe essere appena nati! Cos’è la Rendita integrativa temporanea anticipata (RITA)? Prima che maturino i requisiti per la pensione obbligatoria, puoi richiedere l’erogazione di una rendita integrativa temporanea anticipata (cosiddetta RITA), fino ad arrivare dell’età anagrafica per l’accesso alla pensione di vecchiaia, sensi verificano le sementì condizioni:
hai cessato l’attività lavorativa;
ti mancano non più di 5 anni rispetto all’età per la pensione di vecchiaia;
hai un requisito contributivo complessivo minimo di 20 anni nei regimi obbligatori di appartenenza;
hai almeno 5 anni di partecipazione alla previdenza complementare.
Oppure se ti trovi nelle seguenti condizioni:
hai cessato l’attività lavorativa;
sei inoccupato da più di 24 mesi;
ti mancano non più di 10 anni rispetto all’età per la pensione di vecchiaia;
hai almeno 5 anni di partecipazione alla previdenza complementare.
La RITA consiste nella possibilità di ricevere in modo frazionato tutto o parte (a seconda delle proprie esigenze) della posizione accantonata nel fondo pensione, fino al conseguimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia nel sistema pensionistico obbligatorio. La RITA ha carattere generale e si applica a tutti i lavoratori (inclusi i dipendenti pubblici) che abbiano aderito a una forma di previdenza complementare a contribuzione definita. Al momento utilizzando gli anticipi di RITA è anche possibile diminuire il montante del fondo pensione per poter ottenere tutto in capitale (e non la metà obbligatoria in rendita per le cifre più consistenti) Ipotizziamo di aver accantonato nel fondo pensione 200.000 euro, con le regole attuali potrei ottenere 100.000 in capitale e gli altri 100.000 convertiti in rendita per aumentare la cifra mensile a mia disposizione.
Se ottengo l’anticipazione di RITA, la parte anticipata non si conteggia più, ad esempio mi faccio anticipare 150.000, i restanti 50.000 non sono sufficienti per avere una rendita adeguata, sempre secondo le regole attuali, pertanto potrò ottenere anche i 50.000 come capitale: avrò raggiunto il risultato di riavere tutto il denaro in unica soluzione. Non dovrebbe essere questo lo scopo del fondo pensione, ho ricordato più volte che la rendita sarebbe la sua naturale evoluzione, tuttavia, siccome a molti clienti la rendita non piace, al momento con le anticipazioni RITA si può inviare il problema.
Altro utilizzo di Rita: per ottimizzare il prelievo fiscale al momento dell’incasso del fondo pensione. Abbiamo visto che l’aliquota che viene applicata al momento del riscatto è massimo 15%, ci sono tuttavia ancora dei casi in cui per i vecchi iscritti, che hanno molti anni di contributi ante 2007, l’aliquota sia più alta, essendo la media di regimi di tassazione differenti. Per queste persone, ove ricorressero a RITA, si applicherebbe l’aliquota massima del 15. Un mio cliente ha avuto la brutta sorpresa di dover pagare il 26% a causa della media dei periodi come dicevo prima, anticipando la pensione con RITA andrà a pagare solo il15%. Chiamami per una consulenza, tutto quello che si risparmia in tasse è a beneficio tuo e della tua famiglia. n.b. Ho ripetuto spesso al momento perché questa materia è in continua evoluzione.
Per indicare il momento in cui, una volta andato in pensione posso ottenere il denaro che ho accantonato al fondo pensione, spesso si parla impropriamente di riscatto.
Per riscatto del fondo pensione si intende la liquidazione in favore dell’aderente delle somme dallo stesso accumulate prima della data del pensionamento effettivo.
In caso di pensionamento infatti l’iscritto ha diritto a richiedere la “prestazione”di previdenza complementare in capitale o in rendita. Una volta maturato il diritto alla pensione pubblica, si procederà a richiedere la liquidazione del fondo pensione che avverrà nei modi previsti dalla legge.
Prima di questa data è possibile chiedere delle anticipazioni per motivi di salute, per l’acquisto della prima casa per se e per i figli e, solo per un 30% per altri motivi non meglio specificati.
Per il resto bisogno attendere i fatidici 67 anni che sono, oggi, gli anni necessari per andare in pensione. Il fondo pensione infatti non è un investimento come gli altri, è una formula che is avvicina di più al TFR, non posso utilizzarlo come voglio anche perché prevede indubbi vantaggi fiscali.
Ogni volta che la legge prevede un vantaggio fiscale, si vuole ottenere un risultato utile per la società, in questo caso combattere la povertà che deriva da una pensione pubblica sempre più “povera”. Se una volta dati i vantaggi rendessi possibile l’utilizzo del fondo, mi troverei con persone che non pensano al loro futuro e magari utilizzano le somme per consumi non necessari.
I casi in cui è possibile il riscatto sono disciplinati dalla Legge e sono normalmente legati alla cessazione del rapporto di lavoro.
Puoi riscattare tutta la tua posizione individuale nel caso di invalidità permanente o inoccupazione superiore ai 48 mesi, dimissioni o licenziamento.
Puoi invece richiedere il riscatto di una parte della tua posizione, nella misura del 50%, se sei inoccupato da almeno 12 mesi (e non oltre 48) ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a mobilità, cassa integrazione guadagni, ordinaria o straordinaria.
Come avrò quello che ho accantonato? La funzione del fondo sarebbe quella di avere una somma mensile per aumentare la pensione pubblica. Per fare questo si dovrebbe trasformare quanto accantonato in una rendita.
In base all’età e al sesso, alla data della pensione, la compagnia fornisce tutti i dati per scegliere che tipo di rendita richiedere. La rendita può essere infatti sul titolare oppure reversibile su altre persone, in questo caso si prevede che alla morte del titolare si possa spostare il pagamento a favore di altri, naturalmente in cambio la compagnia ci pagherà una rendita più bassa.
Quello che invece mediamente vogliono le persone è avere tutto in forma di capitale. La rendita non ci piace, abbiamo l’impressione che sia una “fregatura”. Da qui una serie di regole che sono state pensate per far si che almeno una parte arrivi come capitale:
Il 50% della somma accantonata può essere sempre richiesto in forma di capitale,
si può richiedere tutto come capitale se la conversione in rendita del 70% del montante finale accumulato risulta inferiore alla metà dell’importo annuo dell’assegno sociale. Insomma, se hai accantonato “poco” potrai avere tutto in capitale, altrimenti almeno metà in rendita.
liquidare tutta la tua posizione in capitale, se rientri nei casi previsti dalla legge, cioè se sei un “vecchio iscritto”
Al momento usando la RITA è possibile abbassare il montante e riuscire ad ottenere tutto in capitale.
E se non riscatto?
La protezione del capitale Non è necessario riscattare il fondo pensione.
Se ho bisogno di proteggere il patrimonio e tutelare gli eredi, una opzione è quella di lasciarlo investito, non chiedere il riscatto in modo che saranno i mie eredi a farlo alla mia morte.
Finché non viene riscattato il fondo pensione ci da la massima protezione verso i creditori, è molto utile se sei un imprenditore o un medico, avrai il tuo capitale protetto in modo semplice, senza dover ricorrere a trust o altri strumenti.
Gli eredi potranno riscattarlo senza pagare le tasse di successione, in quanto non è una somma che va in successione, ma arriva per atto tra vivi. Se anche dovessero rinunciare all’eredità per debiti, potranno ricevere comunque il fondo pensione.
Ci sono tantissimi vantaggi nel fondo pensione, non limitiamoci alla sola deducibilità fiscale. Chiamami per una consulenza.
Nel fondo pensione oltre ai contributi volontari è possibile conferire il Trattamento di fine Rapporto, vediamo cosa succede con riguardo al tuo coniuge e come in alcuni casi aver versato al fondo pensione il TFR eviti che questo vada al coniuge divorziato. Se all’età della pensione il titolare è in vita, incasserà il suo fondo pensione, se dovesse morire prima dell’età della pensione “Il fondo pensione sarà liquidato al beneficiario designato o, in mancanza agli eredi”.Il coniuge, se designato o se erede, riceverà dunque, in caso di premorienza dell’altro, la somma accantonata nel fondo pensione. Anche in caso di separazione il coniuge resta erede, finché non venga pronunciata la sentenza di divorzio, pertanto riceverà in qualità di erede il fondo pensione, salvo ci siano altri beneficiari designati e che non venga lesa al legittima. Cosa accade invece in caso d divorzio?
Nella legge sul divorzio è stabilito che”il coniuge nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno di divorzio, ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza”. “Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio”. Possiamo dunque evidenziare che:
In primis gli ex coniugi devono essere divorziati: a nulla rileva la semplice separazione personale consensuale o giudiziale.
Il coniuge richiedente deve essere destinatario di un assegno di divorzio – stabilito a seguito di specifico giudizio – e che deve essere corrisposto mensilmente e non deve essere stato liquidato in un’unica soluzione.
l’ex coniuge che richiede la quota di Tfr non deve essere passato a nuove nozze.
Il 40% si calcola per gli anni in cui il rapporto di lavoro e il matrimonio hanno coinciso
Il diritto dell’ex coniuge a una quota del TFR non compete con riguardo a quelle somme che risultino essere destinate a un fondo di previdenza complementare. Infatti, quanto accantonato su fondo pensione non viene riscosso alla cessazione del rapporto di lavoro. Ciò per il fatto che nel caso in cui il Tfr sia conferito ad un fondo di previdenza complementare, la liquidazione, al lavoratore stesso, non è riconosciuta al momento in cui finisce il rapporto di lavoro, ma alla maturazione dei requisiti per la pensione e quindi in un momento successivo. Inoltre, le somme versate non sono riconosciute come liquidazione, ma come pensione integrativa, che può essere data come rendita (ciò che avviene nella maggior parte dei casi) o come capitale.
La sentenza della Cassazione 8228/2013 sostiene che i versamenti alla previdenza complementare non hanno natura retributiva, al contrario del tfr, che è una vera e propria retribuzione pagata successivamente.
Da questo ragionamento, condiviso anche da alcuni giuristi, anche a prescindere dalle modalità di liquidazione delle somme (se come rendita o in un’unica soluzione come capitale), non essendo un tfr considerabile come “retribuzione”, discenderebbe che il coniuge non avrebbe diritto alla quota di liquidazione conferita al fondo pensione.Sul punto, la giurisprudenza è unanime nell’escludere questa possibilità qualora il TFR sia destinato ad un fondo pensione poiché le somme veicolate verso questo strumento, sono sempre e comunque considerate come contributi previdenziali ex art. 2123 cc e non rientrano dunque nella previsione dell’articolo 2120 del codice civile a cui la legge 898 fa riferimento. 1/7 o 1/10) già previsti per le pensioni pubbliche oltre che per i redditi da lavoro subordinato o parasubordinato
L’invito è quindi a considerare questo strumento un grande alleato nella protezione del patrimonio e nella pianificazione successoria. Se per i patrimoni più ingenti si ragiona infatti con trust, patti di famiglia eccetera, negli altri casi questi strumenti sarebbero eccessivamente costosi, quindi vale la pena per una parte almeno del patrimonio ricorrere al fondo pensione, uno strumento semplice che ha tanti vantaggi nella tutela del patrimonio, compreso il fatto che non venga liquidato all’ex coniuge divorziato.