Permettetemi una digressione, potremmo parlare di tassi, della Fed, dell’ultima statistica pubblicata oggi sugli italiani poco istruiti finanziariamente, e invece prendo spunto dal Fertility day per cercare di esprimere il mio pensiero di donna, di mamma e di professionista.
Mi sembra ci sia poco da discutere di orologio biologico, quello che ci fa pensare se avere bambini credo sia l’orologio reale inteso come tempo, come energie , come risorse economiche.
Poniamo che una ragazza di circa 30 anni sia riuscita a trovare un impiego a tempo indeterminato e decida di avere un figlio, grazie ad una legge senz’altro molto avanzata ha diritto a molte tutele: la gravidanza a rischio, cinque mesi di maternità, il suo ruolo una volta rientrata al lavoro, le ore di allattamento.
E’ pero’ innegabile che nel frattempo i suoi colleghi sono stati presenti ogni giorno e ad ogni ora in azienda e lei? La sua assenza il più delle volte viene tollerata con sufficienza….
Tuttavia i veri problemi iniziano dopo: l’inserimento al nido, le malattie del bambino, il dispiacere di non essere presenti, sono ancora tutti a carico della mamma. Papà molto amorevoli e coinvolti, lo sono comunque solo dopo il lavoro.
Quindi il problema è duplice: prima culturale in quanto una vera parità non esiste ancora, poi sociale in quanto i servizi che ci vengono offerti sono dove va bene molto costosi, dove va male inesistenti.
Cerchiamo di non fare demagogia, un figlio costa, tempo e denaro, tanto e sempre di più. Ragazzi con lavori precari, che non riescono a mantenere neppure se stessi come possono essere pronti ad avere dei figli?